Le corolle tripetali dorate delle frange che impreziosiscono il manto purpureo delle madonne musive delle absidi di Torcello, Murano e dei più antichi mosaici marciani (secoli XI-XII), che scompaiono dall’iconografia veneziana dopo il 1204 con la conquista di Costantinopoli e con l’emancipazione di Venezia dal dominio bizantino, erano forse realizzati a punto bibila, un punto ad ago che continua ad essere fatto nelle isole dell’Egeo e si ripresenterà identico nelle icone veneto-cretesi del secolo XV.
Invece il merletto ad ago che si sviluppa nella Venezia del Rinascimento, anche se nasce da tale incipit iniziale, è un diverso insieme complesso ed evoluto di moltepici punti e, come quello a fuselli, è espressione creativa e manuale di sensibilità femminile aristocratica, acculturata per stretta frequentazione con ambienti artistici e intellettuali raffinati. I primi decori sono essenzialmente geometrici e impreziosiscono le scollature e gli angoli dei fazzoletti da mano.
Nel Cinquecento si assiste ad un interessante boom editoriale (in Europa, in Italia, e specialmente a Venezia), che vede la pubblicazione di centinaia di libri, detti modellari, di disegni per merletti e ricami, ideati dai maggiori incisori e tipografi del tempo. Dedicati alle nobili e virtuose donne che praticano l’esercizio dell’arte nell’intimità delle loro case, attestano una preferenza verso decorazioni geometriche, arabeschi, rosoni, per arricchirsi, nella seconda metà del secolo, di elementi fito-zoomorfi e grottesche.
Già nel tardo secolo XVI è documentata un’attività merlettiera nei monasteri e nei laboratori di orfanatrofi e pii istituti di carità, e in seguito, per lo straordinario successo dei pizzi nella moda sia nell’abbigliamento che nell’arredo, non bastando più tale tipo di produzione familiare e conventuale, se ne organizzano altre su più vasta scala, coinvolgenti intere popolazioni femminili, concentrate in località isolate, per rendere più vantaggioso lo sfruttamento.